Dolci tradizioni
di famiglia.

Tradizioni di Famiglia
La Pasticceria Zerbato, come tante storie di famiglia, porta con sé il groviglio delle vite, personali e professionali, che l’hanno voluta e coltivata negli anni.
Il primo a crederci è stato Attilio, mio padre, che nell’impeto dei suoi 30 anni ha maturato l’idea e ha avuto la capacità di costruirci attorno un progetto concreto. La voglia di riscatto, la giusta dose di ambizione, il coraggio di rischiare. Un lavoro appreso da garzone alla bottega di un fornaio-pasticcere a Peschiera, sul lago di Garda, che si è poi trasformato in passione per la pasticceria artigianale.
L’embrione gli si è acceso quando da Alpino l’hanno spedito a fare il cuoco invece di mandarlo a marciare sulle montagne, come avrebbe di gran lunga preferito da montanaro qual è. Lì tra pentoloni e minestroni ha iniziato a preferire il grembiule alla divisa. Ancora oggi, per qualche ora al giorno, non manca di legarsene uno in vita e sporcarsi di farina!
Ora il primo pasticcere è Stefano, mio fratello. Lui porta aventi l’arte di famiglia che, volenti o nolenti, ha contagiato tutti. E, speranzoso, tra un bignè e una brioche, strizza l’occhio al figlio Andrea.
La Maria Luisa
ha seguito Attilio
La prima a farsi coinvolgere nell’avventura è stata mia madre. La Luisa è passata da ‘mamma e casalinga a tempo pieno’ – con quattro figli piccoli vorrei vedere come poteva essere altrimenti – a ‘mamma, casalinga, aiuto pasticcere, responsabile vendite e bottegaia’. Quanti cappelli si è messa in testa mia madre in quegli anni! Oggi diremmo … quant’era multitasking la Luisa! E quanto lo è tutt’ora considerato che, nonostante i suoi 78 anni, si dedica senza risparmio a nipoti e manicaretti vari.

Quando a lievitare è…
la pasticceria!
Negli anni la pasticceria è cresciuta. Oggi, con laboratorio e negozio, siamo al civico 44 di via Provinciale, sempre a Vago di Lavagno. Pasticceria e caffetteria, giardino estivo e ampio parcheggio. L’evoluzione della specie.
Sane colazioni con le nostre brioches artigianali, sfiziosi aperitivi e tanta scelta tra prodotti della tradizione, lievitati speciali all’olio extra vergine di oliva, mousse e semifreddi, pasticceria dolce e salata.
Per altro, pure la chiesa parrocchiale si era rifatta il look e trasferita in una nuova sede, non lontana dalla pasticceria!
Impara l’arte e mettila da parte
Se servire al banco mi piaceva, ancora di più stavo bene a fianco di mio papà. Lui produceva e io decoravo. Lì proprio mi divertito. Da autodidatta, osservando mio padre e … provando, provando, provando e ancora provando… cresceva la mia abilità. Ho cominciato scrivendo sulle torte per gli auguri, gli anniversari, i compleanni o quello che il cliente chiedeva. Una passione che è rimasta, per la scrittura intendo, ma pure per la pasticceria! E poi, via via, decorazioni più complesse, per torte nuziali, battesimi, comunioni, … Copiavo dalle riviste del settore e sperimentavo. Nessuno allora immaginava saremmo stati invasi da video tutorial di ogni risma. Di Internet ancora nessuna traccia.

La posa della prima… bignè!
Nel 1975 la famiglia Zerbato: Attilio, Luisa e i quattro figli trasferiscono i loro averi (pochi) e le loro speranze (molte) dal lago all’est veronese. Da ovest a est perché mio padre puntava lo sguardo verso la val d’Illasi, là dove erano le sue origini e dove avrebbe voluto tornare. Ma le esigenze lavorative richiedevano altri contesti e bravo fu nel valutare attentamente il luogo dove aprire la sua pasticceria.
Fece, nel suo piccolo, quella che oggi chiamiamo indagine di mercato. Si prese la briga di analizzare il territorio e verificare dove valesse la pena insediare l’attività, considerando l’assenza di competitor, la possibilità di ottenere la licenza – all’epoca requisito indispensabile – e soppesando attentamente i flussi dei potenziali clienti. Infine scelse un immobile posizionato sull’attuale SR 11 a Vago di Lavagno, di fronte all’allora chiesa parrocchiale.
In quegli anni era pressoché un rito mettere un dolcetto in tavola al pranzo della domenica. Altrettanto, si usava frequentare (allora più di adesso) la messa domenicale. Onde per cui: finita la messa, o meglio al termine di ognuna delle tre messe con una punta non indifferente dopo quella delle 11, un congruo numero di parrocchiani si riversava nella piccola bottega per acquistare un cabaret di pastine, una bella Saint Honorè o una superba Millefoglie!
Il banco della domenica era uno spettacolo!
Cannoncini alla crema, diplomatici all’alchermes, bignè ai vari gusti, crostatine alla frutta, risini, pastafrolle alle mandorle, fiamme e bombe alla panna montata. E millefoglie, bignolate, zuppe inglesi, tiramisù… o petite fleur, torte al limone, la torta russa, la sacher… Ce n’era per tutti i gusti. E, immancabilmente, gli avventori spazzavano via tutto. Si chiudeva intorno all’una e in vetrina restavano solo le briciole. Quelli dell’ultima ora sembravano cavallette affamate e trepidanti!
Io ero già lì, dietro il bancone, a dar pastine, far confezioni, consegnare i pacchi degli ordini pervenuti. Così è stata, per anni, la mia domenica tipo. Dacché fossi nella condizione di aiutare e contribuire all’attività di famiglia, nel laboratorio o in bottega, lì dovevo stare. Tanto il sabato dopo la scuola, tanto la domenica fino al dopo pranzo almeno. Non c’era scelta. E comunque a me piaceva. Certo, qualche libertà in più per seguire gli amici, man mano che l’età della compagnia e dei primi amori si faceva sentire, non mi sarebbe spiaciuta, ma quello era il copione. Le piccole aziende a conduzione famigliare così campavano.

